La produzione di olive calabresi è in aumento, i tecnici dell’Associazione olivicola stimano una produzione di 40-45mila tonnellate di olio per questa campagna del 2019-2020, il doppio rispetto l’anno precedente, che aveva raggiunto soltanto le 20mila tonnellate. La prima raccolta delle olive è cominciata nel mese di ottobre; “Le olive sono sane e quindi avremo olio di qualità” – ha detto Salvatore Oliva Presidente dell’Associazione Produttori Olivicoli poco prima dell’inizio della raccolta – “non abbiamo avuto attacchi di mosca olearia”.
L’olivicoltura in Calabria si sviluppa sul 24% della superficie agricola calabra, infatti, questa regione è la seconda regione italiana per la produzione di olio, con circa 85mila aziende nel settore olivicolo. La superficie investita in olio è di circa 189mila ettari, tra cui troviamo più di 100 varietà di olive, e ben il 50% della produzione è a carattere biologico. L’investimento a livello di manodopera è di ben 15 milioni di giornate lavorative per la gestione di oltre 25 milioni di piante.
Importazioni: la produzione italiana a rischio.
La produzione ai massimi livelli rispetto lo scorso anno, però, rischia di essere vanificata a causa delle importazioni. Il danno principale proviene dall’’importazione di olio spagnolo, che, in base ai dati Istat, ben il 48% della loro produzione viene distribuita in Italia, e venduta nei nostri supermercati.
Il vero problema è che questi oli stranieri vengono venduti a basso prezzo, e, chi è alla ricerca del risparmio, punta principalmente su questi, a discapito della qualità italiana. Le ripercussioni sono quindi sui nostri uliveti, soprattutto quello calabro, che rischia il K.O. poiché i costi di produzione non vengono ripagati. Spesso, infatti, l’olio spagnolo, così come quello di provenienza greca o dalla Tunisia sono di dubbia qualità poiché vengono mescolati ad altri oli nazionali, o addirittura italiani, così da poter sfruttare i diversi mercati mondiali a basso prezzo con la copertura di marchi storici. Questi oli vengono presentati nei diversi negozi proprio nel momento di vendita di oli ad alta qualità e garanzia italiana, e vengono proposti a prezzi stracciati. “È evidente che questa mossa ha effetti negativi sul reddito delle diverse aziende olivicole” dichiara Coldiretti “aziende che comunque negli ultimi anni hanno investito molto sulla produzione, superando rischi come la Xyella, il tempo atmosferico, e la mosca olearia. Questi investimenti rischiano di essere vani, poiché non verranno completamente ripagati a causa delle importazioni”.
Olio: è importante saperne riconoscere la qualità.
Questi arrivi di olio dall’estero, secondo Coldiretti, sono favoriti dalla mancanza di trasparenza. Nelle etichette di oli stranieri si trovano infatti scritte indicanti la provenienza piuttosto piccole, posti dietro la bottiglia e in posizioni difficili da leggere. Questo adempirebbe gli obblighi di legge imposti dal Regolamento comunitario n.182 del 6 marzo 2009, ma non assicura comunque trasparenza risultando addirittura in alcuni casi ingannevoli. Questo perché riportano comunque il nome di marche italiane, o riportano elementi di italianità in etichetta, anche se non si tratta di miscele di oli di oliva comunitari.
Per riconoscere un olio extravergine di qualità, si deve percepire un odore intenso e gradevole solo con esame olfattivo, oltre che avere un colore uniforme. Acquistare un olio di qualità significa acquistare un prodotto ricco di sostanze polifenoliche antiossidanti fondamentali per la buona salute. È importante perciò non farsi ingannare, non solo per la salvaguardia delle nostre aziende italiane, ma anche per la nostra salute. Non bisogna affidarsi solo al prezzo stracciato del prodotto, ma controllare bene l’etichetta, e assicurarsi della provenienza dell’olio.