Come ogni anno è stata pubblicata la graduatoria basata sulla capacità delle regioni di fornire ai propri cittadini i Lea, i livelli essenziali di assistenza sanitaria. A stilare la graduatoria è il Ministero della Salute ed essa si riferisce a quanto verificato nel corso dell’anno 2018.
La griglia LEA
Alla base della classifica vi sono alcuni indicatori, che vengono considerati i componenti della “griglia lea”, griglia secondo le cui voci si arriva al giudizio delle prestazioni mediche erogate da ogni regione.
I singoli indicatori confluiscono all’interno di tre macroaree: ospedale, distretto e prevenzione. Alcuni tra gli indicatori presi in considerazione per la stesura della classifica sono i tempi di intervento degli operatori del 118, l’adesione agli screening oncologici, il tasso di risonanze magnetiche rispetto al numero complessivo della popolazione.
Inoltre, anche l’ampiezza della copertura vaccinale nei bambini, il tasso di ospedalizzazione in età pediatrica, il numero di posti per assistenza agli anziani in strutture residenziali, il totale dei posti letto attivi in hospice in rapporto ai deceduti per tumore, la percentuale dei pazienti ultra 65enni con diagnosi di frattura del collo del femore operati entro due giorni e la percentuale dei parti cesarei primari rientrano tra gli indicatori.
Nonostante la classifica basata sui Lea si proponga di fornire una visione e una valutazione globale di tutti gli aspetti riguardanti la sanità, non mancano le critiche di chi la giudica priva di valore e costruita su indicatori poco significativi.
Veneto al top, bocciata la Calabria
Quest’anno la classifica Lea boccia solo la Calabria con 146 punti, l’unica regione a stare sotto la soglia di livello minimo (160).
Tra tutte le altre regioni, il primato spetta al Veneto, che ottiene 222 punti sui 225. Sul podio salgono Toscana ed Emilia–Romagna, che ottengono entrambe 220 punti. Le tre regioni salite sul podio hanno presentato punteggi in crescita rispetto allo scorso anno, come del resto ha fatto la maggior parte delle regioni.
Eccezione fatta per il Piemonte, le Marche e
il Lazio. Queste regioni, infatti, hanno assistito ad una diminuzione
dei punteggi rispetto allo scorso anno; il Piemonte, che nella precedente
classifica era al primo posto, è sceso ad un punteggio di 218 dal precedente
221, il che lo ha costretto a fermarsi ai piedi del podio, classificandosi
quarto.
Il calo più sostanzioso lo ha visto la regione Marche, che ha perso
ben 9 punti rispetto allo scorso anno, passando da un punteggio di 201 a
quello di 192; al contrario del Lazio, che ha affrontato un calo di solo
un punto.
Gli ultimi posti della classifica sono occupati da Campania, Sicilia e Calabria. Per quanto riguarda la Campania, però, bisogna considerare il balzo in avanti che ha registrato il suo punteggio: lo scorso anno, la classifica aveva assegnato alla regione 153 punti, attualmente, invece, il suo punteggio è di 170. Preoccupano invece le situazioni di Sicilia e Calabria, la prima supera di soli 5 punti la soglia minima, la seconda si colloca al di sotto della soglia, il che significa che, nella regione, le prestazioni sanitarie non sono accettabili.
Riguardo al risultato, il presidente del Veneto, Luca Zaia, ha commentato dicendo che “Se la sanità veneta funziona è perchè operatori e amministratori garantiscono il massimo impegno, nella specificità dei propri ruoli, con responsabilità e professionalità”. Ma ha anche evidenziato il fatto che “i dati ufficiali testimoniano quanto vado ripetendo da anni: anche senza l’autonomia e a parità di fondi assegnati dal Fondo sanitario nazionale, esistono già due Italie. Una gestita con virtuosità e una piena di sprechi e cattivi servizi per i cittadini”.