Il grecanico, una lingua nota a pochi, ancora oggi utilizzata in un nucleo di paesi montani situati nell’area del Reggino
L’Italia non è solo un Paese di bellezze, di cultura, di storia, è anche un Paese ricco di lingue, alcune delle quali sostanzialmente sconosciute e poco utilizzate, ma in grado di resistere allo scorrere dei secoli nelle loro aree di competenza territoriale. In tale ambito, uno dei casi più emblematici è certamente rappresentato dal grecanico.
Ebbene, sempre in riferimento a tale contesto, non possiamo che sottolineare come sia proprio la lingua a rappresentare e costituire il comune denominatore di questa area (non a caso conosciuta come “grecanica”), che sorge a circa 15 km dalla costa e che mantiene in vita tale parlata grazie alla quotidiana opera di circa 2.000 abitanti, impegnati non solamente nella frequente condivisione del patrimonio linguistico, quanto anche nella sua salvaguardia e valorizzazione, a dispetto di un accentuato disinteresse nei confronti del grecanico, “relegato” al rango di dialetto.
Stando a quanto asseriva vent’anni fa una ricerca locale, anche nell’area grecanica era emerso che i ragazzi di tale area ritenessero il grecanico una “lingua dei vecchi”, destinata evidentemente solo agli anziani e pertanto destinata a scomparire con il passare delle generazioni: e non è certamente un caso che proprio il grecanico è segnalato sul Red Book dell’UNESCO come una lingua a rischio di estinzione, e che Euromosaic annovera tale lingua tra quelle minoritarie a rischio dell’Unione Europea.
Quali sono le origini del grecanico?
Sebbene vi siano ancora accese discussioni in tal senso, molti studiosi sono oramai certi che derivi dagli antichi idiomi della Magna Grecia; altri ritengono invece che derivi dal greco dell’età bizantina, anche se non mancano nemmeno coloro che ribadiscono come in realtà i bizantini non abbiano lasciato tracce linguistiche altrove (nemmeno a Ravenna, capitale dell’Esarcato, o a Bari, centro del Catepanato).
Quel che sembra invece certo è che la presenza di tale parlata in Calabria risale a tempi molto remoti, ed è oggi confermata da 62 epigrafi greche che sono attentamente e gelosamente conservate nel Museo di Reggio Calabria, a titolo di una straordinaria testimonianza di storia linguistica che viene spesso trascurata dagli storici. La parlata si è diffusa con gradualità fino a consolidarsi nel momento in cui la popolazione è rimasta isolata sulle montagne dell’Aspromonte; dal 1059, anno della caduta di Reggio, ha invece inizio la fase decrescente nella diffusione di tale lingua, poi accelerata dopo la soppressione del rito greco-bizantino nel 1572.
Tra il Settecento e l’Ottocento il grecanico è poi stato improvvisamente oggetto di una maggiore attenzione da parte degli studiosi, ma subito dopo l’Unità d’Italia, con la diffusione della lingua “nazionale”, si è assistito a un nuovo decremento nella sua fruizione.