I Giganti di Pietra di Campana, casualità geologiche

I Giganti di Pietra di Campana, così chiamati perché richiamano le forme di un elefante e di un uomo seduto, sono sculture o per meglio dire, casualità geologiche

Scoperte nel dicembre del 2002 da un giovane architetto di Cosenza, Domenico Canino, mentre era alla ricerca di reperti di tutt’altro genere. Sculture quelle dei Giganti di Pietra di Campana, che ancora oggi, a distanza di quasi 15 anni dalla loro scoperta, sono un vero e proprio mistero, che vede a confronto tra le tante ipotesi, due teorie particolarmente interessanti; quella di Domenico Canino e quella di Carmine F. Petrungaro. Andiamo a scoprirle.

La teoria di Domenico Canino vede le due stature, essere il frutto di sculture preistoriche, in quanto in questo territorio, sono stati ritrovati numerosissimi reperti archeologici, essendo stato intensamente popolato fin dall’Età del Ferro. Proprio per questo, secondo la teoria, i due monoliti, distanti tra loro ca 3 metri, si presumono essere scolpiti, per via anche dei loro lineamenti ben definiti, che richiamano figure note: il primo quella di un elefante alto circa 5 metri, probabilmente un preistorico mammuth; mentre il secondo, fino alle ginocchia, due gambe umane sedute ed il resto, un’ipotetica figura umana scomparsa.

Tra le due figure, l’elefante è quella di più semplice identificazione e mostra un elefante con le zampe in movimento, con ben visibili gli occhi, la proboscide e le zanne, direzionate verso il basso, ad indicare l’animale come estinto, ben 12mila anni fa. Misure, quelle della scultura, che Domenico Canino confrontò con quelle dei fossili della tipologia di mammuth ritrovati in queste zone, nel rione di Archi di Reggio Calabria.

La seconda figura invece, che ricorda un uomo seduto, è alta 6 metri e per la posizione, ricorda le statue di Memmone a Tebe e quelle di Ramses II, nella facciata del Tempio di Abu Simbel in Egitto. Attorno alle sculture, vi sono diversi ciottoli probabilmente provenienti dalle stesse; mentre sotto i monoliti è possibile scorgere due piccole grotte, usate come rifugio dei contadini dalle intemperie. Stature che è davvero difficile credere, siano state modellate dalla natura, in quanto le figure si scorgono davvero in maniera molto nitida, tanto che risulta difficile pensare, che siano il frutto del “semplice” lavoro di acqua, vento e neve. In ogni caso, qualora siano il frutto del lavoro umano, sono tra le più grandi sculture d’Europa.

E proprio a trovare risconto alla sua convinzione, che queste statue, siano il frutto di un lavoro umano, Domenico Canino, decise di ricercarne la presenza in qualche documento del passato; e fu così che su una mappa del 1606 della Calabria Citra di Giovanni Antonio Magini, trovò indicata una conformazione nello stesso punto, denominata “Corno del Gigante”, a riprova che le statue erano già note 400 anni fa. E’ da precisare però, che la Mappa del Magini, non vide mai Giovanni Magini venire in Calabria, ma piuttosto ricopiare mappe esistenti, come la cartapecora Aragonesi del 1470 – 1515. Fatto sta che furono da qui, molte le mappe che indicano questo punto come “Cozzo del Gigante” fino al 1827, allorquando un terremoto distrusse tutto.

La teoria di Carmine F. Petrungaro, invece attribuisce le statue ad un tempo più vicino, alla nostra civiltà, in quanto dai suoi studi, i mammuth, non si erano spinti fin nel nostro continente, a causa della glaciazione già avanzata. Ecco quindi una nuova interpretazione, che attribuisce le statue al periodo delle invasioni di Pirro, che per primo portò gli elefanti nel nostro Paese! Il Generale aveva infatti carpito la tecnica degli “elefanti da guerra” dagli eserciti dei Diadochi e dalla dinastia seleucide, di Seleuco I, Generale di Alessandro il Grande; un elefante, secondo Petrungaro, dalle sembianze “indiane”, con orecchie piccole, testa larga e zanne verticali.

Il re Pirro giunge in Puglia nel 281 a.C. con ben 26.000 uomini e 26 elefanti indiani da combattimento, che spaventarono ed al contempo affascinarono immensamente i romani, che mai avevano visto simili mammiferi, ai quali diedero il nome di “Grandi buoi lucani”. Il 1° scontro avvenne nei pressi di Eraclea, dove Pirro ebbe la meglio, benché con grosse perdite; quindi passò in Calabria nel 278 a.C. per combattere i Cartaginesi alleati coi Romani, che vinse nominandosi Re della Sicilia. Statue, che quindi sono un autentico omaggio a Pirro “il liberatore”, a ricordare non solo il grande Re, ma anche quegli animali possenti e quasi divini, che i romani non avevano mai incontrato prima e che non sarebbero così, mai stati dimenticati!

Due teorie molto diverse ma entrambe affascinanti, quelle di Canino e di Petrungaro, alle quali non resta che aggrapparsi, finché non verranno effettuate nuove ricerche, che scoprano monili o monete in grado di far datare di preciso le statue.