1972-2022: 50 anni dal ritrovamento dei Bronzi di Riace

In un caldo giorno d’estate, il 16 agosto 1972, un appassionato subacqueo stava dedicandosi a un’immersione nei pressi di Riace Marina: era soli 200 metri dalla costa, a circa 8 metri di profondità, quando scorse due figure sul fondale. Il nucleo subacqueo dei Carabinieri procedette al recupero e fu così possibile constatare, con stupore, quanto fosse eccezionale il ritrovamento. Si trattava infatti di due statue in bronzo incredibilmente antiche che sono state datate dagli studiosi risalenti al V secolo a.C e che si sono conservate pressoché intatte nei (letteralmente) millenni. Ribattezzate “i Bronzi di Riace”, queste statue hanno creato immenso entusiasmo del mondo archeologico e artistico, perché dall’analisi e dai restauri è stato possibile scoprire moltissimo sulle conoscenze tecniche e sulle caratteristiche dell’arte greca classica.

Si ritiene che lo stile sia tipico dorico, del Peloponneso, e si è potuto ricostruire grazie alla terra di fusione che le statue sono state prodotte ad Argo (una delle due potrebbe invece avere anche origini ateniesi): si è quindi avanzata con solidità l’ipotesi che i Bronzi si trovassero su una nave che viaggiava dalla Grecia verso la penisola italica. L’opinione prevalente è che la nave si trovò in una tempesta e si inabissò nel Mar Ionio insieme al suo carico – oppure che proprio per alleggerirla e per avere più possibilità di salvezza, i marinai colti dalla tempesta abbiano gettato in acqua le due statue. Il fascino che esercitano queste due statue bronzee sugli studiosi ha portato molti tra i principali antropologi a interessarsene: anche Umberto Eco ne scrisse appassionatamente.

Cosa rappresentano i bronzi di Riace e cosa svelano dell’epoca antica

Le statue presentano lavorazioni così simili che è opinione prevalente il fatto che siano state scolpite dallo stesso artista, almeno per buona parte della lavorazione. Gli studiosi che non ritengono sia così, e che non siano quindi opera dello stesso artista, accettano comunque che ci sia una provenienza molto vicina, sia in termini di tempi che di “scuola”.

È stato possibile comprendere che le statue erano già state per secoli esposte al pubblico: del piombo fuso le ancorava a piedistalli, e si è anche scoperto che in epoca romana in uno dei due bronzi c’era stata la rottura di un braccio, che è stato riprodotto con un calco e attaccato con una nuova fusione. Molte sono le ipotesi in merito alla struttura originaria del gruppo di statue esposto: ci sono studiosi che ritengono che originariamente si trattasse di un grande blocco, mentre qualcuno le reputa costruite e anche destinate all’esposizione in modo indipendente.

Entrambe le statue rappresentano guerrieri: un oplita, quindi un soldato della fanteria, e un comandante (o un re guerriero). Alte quasi due metri e pesanti circa 160 chilogrammi, le statue raffigurano gli uomini in atteggiamento pronto alla battaglia, nudi e (originariamente) con le loro armi – scudi, lance ed elmi: in particolare, è stato addirittura possibile comprendere dai buchi presenti sulla testa delle statue che si trattava di elmi corinzi.

Il restauro dei bronzi e l’esposizione al Museo Archeologico di Reggio Calabria

Dal 1975 al 1980 i Bronzi vennero sottoposti ad un eccellente restauro che poi proseguì anche in altre fasi in anni successivi, ma dal 1980 al 1991 fu già possibile esporle nei Musei: il Museo Archeologico di Firenze e il Quirinale a Roma ebbero per lungo tempo code di persone entusiaste, pronte a emozionarsi nel vedere le due antichissime statue.

Oggi, i Bronzi sono esposti nel Museo Archeologico di Reggio Calabria, nel quale si trovano dal 2013 dopo uno splendido rinnovamento della struttura museale. La consapevolezza di quanto sia eccezionale un simile patrimonio artistico è sempre molto grande, quindi turisti sia italiani che internazionali si riuniscono ad ammirarle.
I due mari calabresi Ionio e Tirreno, del resto, hanno permesso di portare alla luce molti altri importantissimi reperti, come la Testa del Filosofo e la Testa di Basilea, entrambe conservate nella stessa sala dei due Bronzi. Questa piccola collezione può essere considerata la più importante al mondo di bronzi greci del V secolo a.C. Perfino i resti di alcuni templi son stati scoperti nelle acquee di Punta Calamizzi e di Monasterace Marina.

Oltre alle incredibili scoperte subacquee, l’intera città di Reggio e le zone circostanti possono essere definite un vero e proprio parco archeologico all’aperto: i turisti possono visitare moltissimi scavi, reperti e Musei nei quali osservare con stupore e meraviglia le tracce del mondo antico. Questo aspetto si unisce all’altra caratteristica tipica della Calabria: la bellezza del suo mare e delle sue spiagge. Per chi desidera vivere una vacanza che non ha paragoni, la regione con i suoi villaggi turistici Calabria offre davvero infinite possibilità di esplorare e di godersi le ferie.